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Alla ricerca di Henry Turner

Alla ricerca di Henry Turner


Alla ricerca di Henry Turner - Estratto del libro

Capitolo 1

Toronto 1960

Ying Hee Fong sembrava un angelo senza le ali. Chiunque gli avesse sparato aveva fatto un buon lavoro. Non sarebbe potuto essere più morto nemmeno se fosse vissuto e morto una seconda volta. Il sangue era sgorgato da un buco frastagliato sulla sua tempia destra, versandosi in una macchia circolare e appiccicosa intorno alla testa. Sembrava sereno. Gli occhi scuri erano fissi sull'eternità, le gambe distese, le braccia gettate sopra le spalle. Proprio come un bambino che faceva l'angelo nella neve. Eccetto per la neve sciolta, mettendo a nudo i rifiuti marci di un vicolo di Chinatown.

            Ying lavorava per John Fat Gai, giocatore d’azzardo e malvivente. John gestiva delle bische clandestine in stanze squallide sopra a minimarket e carretti che vendevano cibo cinese dove, per un qualche spicciolo, potevi prenderti una malattia e acquistare un cavolo marcio. Ovunque potevi trovare un tavolo vuoto, sedie, whiskey di contrabbando e sanguisughe pronte a buttare via i loro soldi, non c’era mai sosta. Ying diede le carte, qualcuna rivolta verso l’alto. I dealer lavoravano sei turni a settimana dalle 23:00 alle 6:00 del mattino seguente. Avevano le domeniche libere. Nessuno di loro andava in chiesa. Ying uscì come gli altri da una barca di proprietà di John, che aveva pagato gli ufficiali della dogana al Molo 21 di Halifax per guardare dall’altra parte. Arrivò con una moltitudine di altri sudici sfollati, portando in spalla un borsone malconcio e poco altro. La sua vita e i suoi averi appartenevano a John Fat Gai. Ying aveva fatto il suo accordo ma decise che non poteva convivere con esso. Si videro i risultati.            

            John era venuto a sapere che Yingsi stava intascando dei soldi. Ying andò a nascondersi; cosa impossibile in una città dove contava il denaro sporco, dove le informazioni arrivavano a basso costo e la paura contava più della legge. In una città conosciuta come Toronto la Buona.

            Divertente. Mi sembrava di non aver mai notato questo aspetto.

            Il mio fratellino, Eli, era andato a scommettere, anche se quando lo faceva non gli andava mai bene. Era andato alla bisca e aveva perso tutti i suoi soldi. Era stato cacciato dalle maggiori bische della città perché amava giocava a tutti i tavoli finché qualche giocatore esperto non lo ripuliva. In seguito Eli iniziò a giocare a Chinatown. Doveva a John Fat Gai una montagna di soldi. Di solito quando Eli si cacciava nei guai chiamava me per tirarlo fuori. E a seconda delle circostanze, dicevo di sì o di no.

            Questa volta non esitai, sapendo che cosa sarebbe successo a Eli se non avesse trovato il modo di pagare il debito. La maggior parte dei ragazzi che erano finiti nelle mani di John avevano fatto una brutta fine. L’anno prima erano stati trovati sei corpi. Quattro corpi galleggiavano in acqua, due nel lago Ontario, uno nell’Humber River e un altro nel Don River. Agli ultimi due cadaveri mancavano orecchi, occhi e lingue. Un altro era stato bruciato in un falò. Sei tizi avevano fatto un bel volo giù dall’Imperial Theatre su Yonge Street, atterrando su una Ford Galaxie nuova di zecca e sfondandole il cruscotto. Tutto riconduceva a John. Nessuna prova. Nessun arresto. Nessun testimone. Nessuna soffiata.

            Io e il mio partner Birdie facemmo una visita a John Fat Gai per vedere come poter risolvere le cose. Credo mi rispettasse. Lo avevo quasi arrestato una volta. Aveva paura di Birdie a causa della stazza e del suo temperamento instabile. John disse a me e a Birdie, nel modo più gentile possibile, di trovare Ying alla svelta o avremmo ritrovato parti del corpo di Eli per tutta Chinatown. Ying aveva commesso un peccato imperdonabile. Aveva rubato a John. Trovammo Ying. Solo che non pensavamo di trovarlo morto.

            “Credi sia stato John?” la profonda voce di Birdie rimbombò nel suo petto.

            Scossi il capo e pensai. Le ali dell’angelo erano ancora spiegate. “Questa non è una buona cosa per Eli,” dissi.

            “Forse ha bisogno di farsi una vacanza in qualche posto carino e tranquillo, e lontano,” rispose Birdie.

            Lo stavo pensando anch’io.

            “Meglio chiamare Callaway.”

            Birdie annuì, infilando la sua figura di due metri nella cabina telefonica all’angolo. Avevo lavorato con Callaway nella squadra omicidi. Pensavo alle famiglie e a tutti i problemi che causavano. La mia non mi aveva provocato altro che dolore fin da quando avevo memoria.

II

“Il mio Dio è l’unico vero Dio,” disse Birdie.           

            “Uhm,” mormorai, senza preoccuparmi di alzare lo sguardo dalle pagine del Toronto Telegram. La squadra degli Argos stava sondando il terrenoperRuss Jackson, probabilmente per fare di lui il nuovo quarterback. Ci sarebbe stato un colpo di stato a causa del cambiamento. Un altro tipo di miracolo.

            Mi presi un istante per pensare alla mia personale situazione religiosa. Era difficile essere ebreo, perché gli ebrei nascevano con una macchia nell’anima. Portavamo un fottuto peso addosso per essere il popolo eletto da Dio. Non lo avrei mai augurato a nessuno. Tutta quella pressione.

            Oziavamo negli uffici della Gold Investigations aspettando che accadesse qualcosa. C’ero io, Mo Gold e il mio socio Arthur Birdwell, detto Birdie. Avevamo un appartamento su King Street, a ovest di Bathurst, nella parte sud. Il cartello diceva Discrezione Assicurata. Avevo passato 10 anni nell’esercito e altri 10 nelle forze armate prima di decidere che c’erano abbastanza idioti a dirmi che cosa fare.

            Birdie sorrise, aprendo il viso alla grazia della luce del mattino presto. Aveva riempito lo spazio attorno al cestino di palle di fogli accartocciati. Birdie pensava di essere un esperto di basket. Erede, non si sa perché, degli Harlem Globetrotters. Ma senza essere capace di schiacciare.

            “Perché è un Dio misericordioso e capace di perdonare.” Sporse la sua larga figura verso di me. “Potrei commettere peccati tutti i giorni della settimana ma, quando arriva la domenica, li lavo via tutti e sono pronto a ricominciare.”

            “La chiesa non guarda male i peccatori?”

            Vidi che Dick Shatto, il mediano migliore della squadra, sarebbe potutarestare fuori un paio di settimane per uno stiramento al bicipite femorale.

            Il sorriso non vacillava mai.

            “Sì, è vero,” rispose. “Ma non si sono mai voluti arrendere alla cosa. C’è sempre speranza e finché hai speranza c’è possibilitàdi salvezza.”

            “Ècosì importante per te? Questa idea di salvezza?”

            “Molto importante.” Tuonò Birdie. “Come potrei vivere se non pensassi che un giorno non potrei essere salvato, redento da Dio?”

            “Ci pensi spesso?”

            “Tutto il tempo.”

            “Durante la Guerra?”

            “In particolare durante la Guerra. È stata la Guerra ad aiutarmi a vedere la luce.”

            “Ma non sei andato a confessarti.”

            Birdie scosse le sue spalle massicce e poggiò la schiena contro lo schienale della sedia di vimini, facendogli emettere gemiti e cigolii. Annuì. Il ciuffo di capelli che aveva in cima alla testa luccicava. Occasionalmente, dai suoi discorsi uscivano suoni ritmici.

            “No, troppo impegnato a uccidere tedeschi, ma pregavo e chiedevo perdono prima di uccidere il crucco bastardo successivo e quando ho incontrato il prete non mi sono trattenuto.”

            Mi misi a ridere.

            “Lo hai tenuto nel confessionale per un’ora e mezza. Quando sei uscito c’era una fila di almeno 60 persone dietro di te. Prima che il tizio successivo iniziasse, ho visto il prete sgattaiolare fino al bagno sul retro. Devi avergli fatto venire la nausea.”

            Birdie sghignazzò con me.

            “Quelli erano bei tempi,” disse.

            “Hai ragione,” risposi. Guardai Birdie e pensai al fatto che se avessi avuto un partner di colore in Alabama mi avrebbero linciato. La gente di Toronto aveva dei pregiudizi ma lo mostrava diversamente. Si notava da mormorii velati e sussurri, non bruciando croci e con impiccagioni.

            Birdie e io ci eravamo conosciuti in una nave da truppe, la Grey Ghost, appena dopo aver salpato dal porto di Halifax, nel maggio del 1940. Fortunatamente non fu mai silurata. Portò noi e altri 9998 poveracci a combattere, facendo una sosta in Inghilterra. Eravamo stipati sotto il livello dell’acqua e nessuna delle altre reclute voleva condividere la cabina dove avevamo appeso le amache. Per me era un bene. Facce di merda. Nessuno escluso. Quando ottenni i gradi me ne andai. Boxavo nell’esercito—peso medio—ottimo modo per scaricarsi e difendersi da quelli che volevano fare i difficili.

            Un filo di luce spuntò dalla porta. Feci un verso. Poco dopo si spalancò e un’anziana signora di colore fece capolino. Indossava un capello della domenica e un foulard sotto al mento allungato. Il suo cappotto di stoffa era usurato ma ben curato e spazzolato con cura. Indossava le scarpe buone, quelle che aveva indossato in chiesa. Era questa la sensazione che avevo. Era stata a pregare da poco.

            “Mr. Gold?”

            “Sono io. Signora?” Mi alzai per mostrarle di conoscere le buone maniere.

            “Turner. Aida Turner.” Diede un’occhiata a Birdie, poi si voltò e fissò il pavimento.

            “Il mio socio, Arthur Birdwell.” Birdie le sorrise. “Non si siede Mrs. Turner?” le dissi.

            Lei annuì senza dire altro e si posizionò sulla poltrona che avevo messo lì per i clienti. Birdie si appollaiò sulla credenza di fianco a me, dondolando una gamba che grattava sul terreno la suola dei suoi scarponcini di pelle marroni taglia 50.

            “Che cosa posso fare per lei Mrs. Turner?” chiesi.

            “Voglio che ritrovi mio figlio. È scomparso.”

            “Da quanto tempo?” chiesi, accendendomi un sigaro Sweet Cap.

            “Otto anni,” disse.

            Feci una pausa. “È davvero molto tempo. Che ne dice la polizia?”

            “A loro non importa. Hanno detto che se n’è andato per sempre,” replicò.

            Annuii, prendendo dal gesto un po’ di saggezza mentre Birdie sospirava.

            “Forse hanno ragione,” dissi. “Senta, Mrs. Turner…non seguiamo casi di persone scomparse…sono cose di cui si occupa la polizia.”

            La sua schiena si irrigidì e mi rivolse lo sguardo verso di me. “Ve l’ho detto. Si sono arresi. Non volevano saperne niente e io devo sapere che cos’è successo al mio Henry. È tutto quello che ho, la mia unica ragione di vita…”

            “Perché ora, Mrs. Turner? Dopotutto, sono otto anni.”

            Annuì come se si aspettasse la domanda. Prese una boccata d’aria e mandò giù. “Sono stata male ultimamente. Alla fine sono andata dal dottore. Mi hanno fatto fare degli esami. Cancro, hanno detto. Non so quanto tempo mi resta e voglio vedere mio figlio prima di morire.Voglio sapere che sta bene.”

            Birdie mi lanciò un’occhiata.Sapevo che cosa significava. Non mi piaceva mai quando lo faceva. Era il suo sguardo da “Dio ci ricompenserà” e l’avevo visto un sacco di volte in Europa. Io e Birdie. Due pesci fuor d’acqua nel Reggimento Royal Scots. Un ebreo e un nero. Io avevo 18 anni e Birdie 20. Ne avevamo passate molte insieme e gli dovevo la vita molte più volte di quante ne potessi contare. Perciò, quando mi guardava in quel modo, sapevo di essere incastrato.

            Trascinai i piedi, mi schiarii la gola, strisciai le scarpe, sospirai e schiacciai il sigaro nel posacenere. Birdie non aveva una scrivania e io non la volevo. Gli piaceva che fossi io l’uomo di facciata. Avrebbe messo le persone a proprio agio, diceva. Anche solo guardandolo i clienti si sarebbero innervositi.

            “Prendiamo 250 $ a settimana, Mrs Turner.”

            La donna era persa nei suoi pensieri ma mi fissò non appena udì la mia voce.

            “Ho un migliaio di dollari. Ho impiegato 10 anni per raccoglierli, ma ora che li ho voglio usarli per trovare il mio Henry…” Frugò nella sua borsa di plastica e io stavo pensando, cosa? Una colf o donna delle pulizie da qualche parte, che lavorava e metteva da parte i soldi, risparmiando ogni settimana, mettendone via un po’ alla volta, sapendo che cosa ne avrebbe fatto. Come potevo dire di no? Non mi sentii in colpa nel prenderli, anche noi dovevamo mangiare. Aida Turner prese una mazzetta di banconote usate, sgualcite e tenute insieme da un elastico e me le mise di fronte. Presi 250 $ e le riconsegnai il resto.

            “Penderemo quello che ci spetta a lavoro concluso. In un modo o nell’altro. Se dopo la prima settimana penserò che non stiamo andando da nessuna parte, glielo dirò Mrs. Turner. Non voglio ingannarla per fregarle dei soldi, intesi?”

            Aida Turner si concesse un accenno di sorriso. “Ok. Grazie.” Lanciò di nuovo un’occhiata verso Birdie che replicò con la sua migliore espressione benigna.

            Mi crogiolai nel bagliore di tanta reciproca ammirazione e fui tentato di accendermi un altro Sweet Cap, ma mi misi a giocherellare con la penna.

            “Dunque, Mrs. Turner, mi dica di suo figlio Henry. Che cosa gli è successo? Mi dica tutto ciò che riesce a ricordare, chi erano i suoi amici, le persone che lo conoscevano, dove lavorava, dove amava andare la sera, le donne che potrebbe aver frequentato, insomma tutto; d’accordo?”

            Aida Turner annuì e ci consegnò una fotografia. Una tipica posa da laurea, massima illuminazione, sorriso finto. Ma vidi anche un bel ragazzo, baffi sottili, bei denti, begli occhi castani.

            “Questo è il mio Henry quando aveva 18 anni. Ora ne avrebbe 32.”

            “Ci dia qualche dettaglio, per favore,” dissi.

            Aida Turner raccontò la storia di suo figlio: “Mio figlio Henry si è diplomato all’Harbord Collegiate nel 1946, era un ragazzo brillante, pieno di idee. Voleva realizzarsi e non aveva paura di lavorare sodo, no signore, avrebbe fatto di tutto, qualunque cosa fosse. Voleva fare un po’ di soldi, sistemarsi e mettere su famiglia. Suo padre morì quando Henry aveva solo sei anni e fu proprio un brutto colpo per lui, perdere il padre a quell’età. Gli mancava molto suo padre. Feci del mio meglio ma non era lo stesso. Un figlio ha bisogno di suo padre, sapete, per insegnarli le cose, portarlo in giro. Il mio Henry non ha mai avuto tutto questo ma io ho fatto il possibile, ho fatto tutto ciò che ho potuto. Sarebbe potuto andare all’università se avessi avuto il denaro, ma non potevo permettermelo. Henry non si risentì per questo, non si arrabbiò o niente del genere, sapeva che avrebbe dovuto farcela da solo. Per un po’ Henry lavorò come magazziniere in un supermercato, poi andò a lavorare come addetto alle pulizie per il comune, la paga era buona e gli orari non erano male, a volte doveva pulire i parchi e i cimiteri. Amava lavorare all’aperto, lo faceva sentire più forte e in salute, non gli piaceva stare rinchiuso. Poi, quando venne a sapere che stavano costruendo la nuova metropolitana e che gli stipendi erano molto buoni, fece domanda e venne assunto. E questo fu un bene, finché non ebbe l’incidente facendosi male alla schiena, fu piuttosto grave. Rimase in ospedale per sei settimane. Quando fu dimesso non poteva più lavorare alla metro, era troppo dura, quindi Henry ottenne un lavoro come autista per una famiglia benestante e fu lì che iniziarono i problemi.”

            “Di che problemi parla?” Mentre raccontava avevo preso nota, facendo attenzione a non tralasciare alcun particolare.

            Aida Turner abbassò lo sguardo e lo mantenne rivolto al pavimento.

            “Avevano una figlia, più giovane di Henry. Lei era ribelle e capricciosa e Henry, lui pensava sempre il meglio delle persone. Poi, nella primavera del 1952--il 12 di maggio--Henry scomparve. Dicono che non si presentò al lavoro quel giorno, ma so che non è vero. Qualcosa è accaduto e nessuno vuole parlarne. Stanno nascondendo qualcosa. E la tengono nascosta da otto anni. Devo sapere che cosa gli è successo. Ho bisogno che lo scopra per me, Mr. Gold. La prego. È quello che spero e per cui prego ogni giorno.” Frugò nella borsa e ne estrasse un fazzoletto, si soffiò il naso e poi lo rimise dentro.

            “Henry viveva in casa sua?” chiesi.

            “Sì.”

            Dunque, pensavo, forse un cocco di mamma, magari un po’ represso, un giovane uomo che non ne poteva più di rimanere sotto la sua ala protettrice. Fui percorso da tutti questi pensieri ma non volevo giungere a conclusioni affrettate.

            “Avremo bisogno di vedere la sua stanza,” disse Birdie con la sua foce profonda e cavernosa ma gentile al punto di non spaventarla. Aida Turner lo fissò, occhi spalancati e labbra tese, ma annuì.

            “Questo significa che siete certi di accettare il caso?”

            Annuii.

            “Credo che lo faremo, sì. Altrimenti non avrei accettato il suo denaro, Mrs. Turner. Nel frattempo scriva tutto quello che riesce a ricordare su quello che è accaduto, ok? Ci consegni una lista di tutti i suoi amici, soci e qualsiasi altra informazione che possiede. E ci lasci il suo indirizzo e numero di telefono. Quando potrebbe essere un buon momento per venire a dare un’occhiata?”

            “Stasera può andare bene, se volete. Tornerò a casa dal lavoro intorno alle sette. Ecco indirizzo e numero di telefono. Preparerò la lista per questa sera.”

            Prese una penna dalla mia scrivania e io le allungai un taccuino. Piegò la tesa sul foglio concentrata. Dopo qualche attimo esaminò il suo lavoro e mise giù la penna. Mi alzai e la raggiunsi dall’altra parte della scrivania per stringerle la mano. La sua stretta mi sorprese, palmo calloso, dita indurite, mani che avevano fatto un duro lavoro per molto tempo. Riuscivo a sentire i manici di scopa e le spazzole, percepire i colpi di spugna in quelle dita.

            “Ci vediamo stasera, Mrs. Turner, probabilmente intorno alle otto, se per lei va bene.”

            Mi lasciò la mano e strinse la borsa mentre si alzava.

            “Va bene,” disse. “Arrivederci.” Annuì verso Birdie che le fece un cenno, poi richiuse la porta e se ne andò. Udii i suoi passi echeggiare nell’atrio e diffondersi per il corridoio fino alle scale. La porta si richiuse e il campanello esterno risuonò, per poi placarsi.

            “Lo so,” dissi. “Abbiamo un debole per le storie strappalacrime, ma tu sei peggio di me.”

            Appena Birdie aprì bocca per rispondere, il campanello della porta esterna suonò di nuovo. Birdie era sul punto di alzarsi dalla sua postazione sulla credenza ma tornò a sedersi, mentre io rimaneva dietro alla scrivania. Udimmo un tintinnio di tacchi per le scale, l’intensità del suono aumentò lungo il corridoio, poi la porta si spalancò. Una giovane e bella donna bionda che vestiva un abito Oleg Cassini su misura, con cappello, guanti e scarpe abbinati e che indossava una borsa squadrata e molto piccola, apparve, senza fiato e ansimando per aver salito le due rampe di scale.Il petto le sussultava in modo attraente. Guardai il resto. Era proprio un bel bocconcino. Lunghe trecce bionde le cadevano sulle spalle, labbra ben rifinite di rosso, occhi incredibilmente blu e se il vestito fosse stato leggermente attillato, avrei potuto tracciare ogni curva e sfumatura del suo corpo.

            “Quella donna…la donna che è appena stata qui…che cosa voleva?”

            Gli occhi le si spalancarono quando restammo in silenzio. Un silenzio che la fece agitare.

            “Ditemelo, mi avete sentita? Pretendo di saperlo…”

            Mi alzai lentamente. “Vuole prima accomodarsi, signorina…?

            Mi guardò, poi guardò Birdie, e poi me di nuovo. Potrei dire che amasse l’idea di poter ottenere ciò che voleva e quando voleva. Produsse un brusio profondo ma si sedette in un baleno.

            “Mrs. Lawson. Mrs. Alison Lawson.”

            Il nome sembrava vagamente familiare e per calmarla mi sedetti anch’io. Birdie rimase al suo posto.

            “Grazie Mrs. Lawson,” dissi. “E il suo interesse per la signora è dovuto a…?”

            “Odio il modo in cui non termina le frasi. Non ha frequentato la scuola?”

            Insieme, io e Birdie sghignazzammo.

            “Ho frequentato molte scuole di tipo diverso, Mrs. Lawson.”

            “Vedo,” disse frugando nella sua borsetta, anche se sarebbe più esatto dire cacciando e beccando al suo interno. Una tigre in cerca di una preda. Prese un porta sigarette, lo aprì e mise una Dunhill fra le sue labbra rosse. Mi sporsi in avanti con un accendino, che lei accettò, e mi fissò da sotto due lunghissima paia di ciglia.

            “Stava dicendo?” dissi, richiudendo l’accendino e lasciandomelo scivolare in tasca.

            “Mrs. Turner lavora per me come domestica, beh in realtà, lavora per i miei genitori ma come potete vedere sono coinvolta in quello che fa.”

            “Non se si tratta di cose personali, Mrs. Lawson,” tuonò Birdie profondamente. Lei lo fulminò con lo sguardo ma, inutile dirlo, non indietreggiò né si fece intimorire.

            “Tutto ciò che fa Aida riguarda anche me. Tutto.”

            “Mi spiace contraddirla, Mrs. Lawson,” dissi. “C’è altro che possiamo fare per lei?”          

            Fece un lungo tiro di sigaretta, soffiando fuori il fumo e annuendo.

            “Sì, voglio assumervi.” Alzai un sopracciglio. “Per cose che sono scomparse di recente. È per questo che ho seguito Aida. Sospetto che possa essere una ladra.”

“Di che tipo di cose parla?” domandai.

“Soldi, un orologio, un braccialetto prezioso, cose di questo tipo.”

“Cose di valore?”

“Beh, per quanto riguarda i soldi si tratta di un po’ di contanti presi qua e là, l’orologio e il braccialetto mi erano stati regalati tempo fa e hanno un valore affettivo, il reale valore non è molto alto.”

            “Quante persone lavorano in casa vostra, Mrs. Lawson?”

            “Sette.”

            “Quante di loro vivono in casa?”

            “Solo due. Aida e il cuoco. Aida ha due sere e le domeniche libere per andare in chiesa. È una donna religiosa.”

            “Da quanto tempo Mrs. Turner lavora per voi?”

            “Da sempre. Fin da quando ero piccola. Dopo che mi sono sposata, ho chiesto ai miei genitori di poterla assumere part-time. Ora va da mia madre due volte a settimana. Mio marito non ha avuto obiezioni al riguardo.”

            “E ora sospetta di lei, dopo tutti questi hanno, di essersi appropriata di oggetti di così poco valore?”

            “Proprio così.”

            “Tuttavia, visto che ci sono molte persone che lavorano per voi più altre che vanno e vengono, ci sono davvero parecchie persone che passano per casa vostra, non è così?”

            “Certo. Non posso tenere d’occhio tutti e poi non sono sempre in casa. Ho una mia vita.”

            “Certamente. Non credo che possiamo aiutarla, Mrs. Lawson. Le suggerisco di chiamare la polizia, nel caso avesse delle prove, loro potranno aiutarla gratuitamente,” dissi.

            Si sporse in avanti piegando la schiena e spense la sigaretta nel posacenere.

            “Non voglio che mio marito lo scopra e non ho bisogno di pubblicità. Voglio discrezione. Vi pagherò cento dollari al giorno.”

            Feci una pausa per avere il tempo di capacitarmi.

            “È una proposta molto generosa da parte sua Mrs. Lawson ma la cifra va oltre la nostra tariffa e abbiamo già un cliente. Forse posso indicarle qualcun altro?”

            “Quindi è così?”

            “Pardon?”

            “I suoi soldi vanno bene e i miei no?” Si alzò bruscamente. “State commettendo un grosso errore. Il peggiore di tutti.” Alison Lawson si girò sui suoi tacchi costosi e appuntiti e senza voltarsi, uscì lasciando la porta dell’ufficio aperta. La sentimmo battere colpi rapidi e violenti lungo le scale.

            Birdie mi guardò alzando un sopracciglio. L’unica cosa che potei fare fu scrollare le spalle. Una fuori di testa. Capitano tutti a noi. Ma la maggior parte non sono attraenti come Alison Lawson.

Maisy e i Topolini Scomparsi

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