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Donne di Scozia

Donne di Scozia

Traduzione di Lara Carpinelli

Sommario del libro

"Donne di Scozia" è un affascinante viaggio attraverso la storia scozzese, mettendo in luce il ruolo fondamentale giocato dalle donne. Dalle donne comuni alle figure straordinarie, questo libro rivela le loro storie di coraggio e determinazione. Esplora le vite delle pescivendole, combattenti, scrittrici, giacobite e operaie che hanno plasmato la Scozia nel corso dei secoli. Senza di loro, la storia di questa nazione dinamica sarebbe incompleta. Un'avventura che attraversa secoli di storia, celebrando la forza e l'importanza delle donne scozzesi.

Estratto da Donne di Scozia

 Quando i Romani invasero quella che più tardi sarebbe diventata la Scozia, si trovarono di fronte un nemico feroce e coraggioso che si batteva con capacità e tecniche di guerriglia che posero non pochi problemi alle legioni. Nonostante l’importante vittoria sul Monte Graupio nell’83, i Romani non riuscirono a conquistare questa terra nordica e alla fine si ritirarono dietro il Vallo di Adriano. Abbiamo poche testimonianze sulle genti che i Romani incontrarono in quelle valli ma quando Ammiano Marcellino, un romano del IV secolo, incontrò i Galli, un popolo celtico simile ai Pitti di Scozia, li descrisse come “terribili per la durezza dello sguardo, molto litigiosi, orgogliosi e insolenti”. È una descrizione che potrebbe adattarsi ancora oggi a molti scozzesi. Tuttavia, sebbene i Romani considerassero gli uomini celtici degli avversari pericolosi, erano le donne a incutere loro paura.

 Marcellino sosteneva che “un’intera truppa di stranieri non sarebbe riuscita a tenere testa a un Gallo se avesse chiamato la moglie in suo aiuto”. Sembra che queste donne fossero “molto forti... soprattutto quando, gonfiando il collo, digrignando i denti e brandendo le loro enormi braccia giallognole, iniziano a colpire e a scalciare”.   Dato che i Romani alla fine riuscirono a sconfiggere i Galli ma non i Pitti, si può dedurre che questi ultimi fossero ancora più forti. 

I costumi delle donne pitte scandalizzavano i forestieri poiché, stando ai racconti dei Romani, erano libere di fare sesso con chiunque. Nella società celtica il matrimonio e il divorzio erano eventi molto semplici, tanto che le nozze potevano ricorrere con cadenza annuale. Esistevano anche delle concubine riconosciute dalla legge; una seconda moglie che viveva alle spalle della moglie principale. Quest’ultima, se gelosa, aveva il diritto di picchiarla. Tutto ciò deve aver dato luogo a dei rapporti piuttosto burrascosi. Eppure il concubinato era molto diffuso, sebbene la seconda moglie detenesse il titolo di “adultrach”: l’adultera.

Esistevano dieci diverse forme di matrimonio nella società celtica: dalla relazione sessuale occasionale all’unione permanente. Ancora nel XVIII secolo se ne trova traccia nell’Handfasting, una sorta di matrimonio a tre piuttosto diffuso in Scozia, nonostante la disapprovazione della Chiesa. Una leggenda racconta che una donna pitta ebbe una relazione con il padre di Ponzio Pilato durante la sua missione a nord della frontiera romana. Proprio da questa unione nacque colui che divenne poi governatore di Gerusalemme. È molto probabile che questa sia una storia di fantasia ma rende bene l’idea della libertà sessuale di cui godevano le donne scozzesi.

Ma chi prenderebbe mai in sposa una donna così dominante e feroce? Molti in realtà, perché le donne celtiche rispecchiavano la loro società; il guerreggiare e la litigiosità erano tratti importanti e apprezzati, perciò una moglie docile e umile sarebbe risultata noiosa. Al contrario, una donna risoluta e caparbia era la compagna ideale per affrontare le avventure della vita.

Quando non erano impegnate a litigare o ad amoreggiare, le donne celtiche si prendevano cura del proprio aspetto. Sembra che quelle conosciute dai Romani siano morte giovani, intorno ai venti anni, ma certamente sfruttando a pieno il tempo loro concesso. Si sposavano giovanissime, intorno ai dodici anni e sembra che flirtassero in modo scandaloso. Usavano le bacche per colorarsi le sopracciglia, le labbra e le guance. Si dice fossero molto orgogliose dei loro capelli intrecciati, e che custodissero i pettini in borse personali.

Indossavano gonne a quadri e cavigliere, collane e bracciali in oro o argento. Alle dita e sulle orecchie portavano anelli e infilavano spilli decorati tra i capelli. Coloro che facevano parte della nobiltà indossavano elaborate collane e decoravano le spille che chiudevano i loro abiti. Si lavavano in acqua calda, un’usanza dimenticata da molte delle loro discendenti urbane, e avevano molta cura delle unghie. È possibile che indossassero sandali in modo da mostrare gli anelli che portavano alle dita.

Le donne celtiche erano così orgogliose della propria bellezza che la legge prevedeva multe per chi osasse insultare il loro trucco, gli abiti o il loro aspetto in generale. La legge celtica vietava altresì che si mentisse sulla reputazione di una donna o che la si insultasse. Se un marito tradiva la moglie con un’altra, la moglie aveva il diritto di uccidere la sua rivale purché lo facesse nei tre giorni successivi alla scoperta dell’adulterio; trascorso questo tempo, la legge supponeva che la sua rabbia si fosse ormai placata. Non ci è giunto nulla di scritto riguardo alla ripresa della relazione coniugale ma, presumibilmente, dopo una dimostrazione d’amore, i due si baciavano e si riappacificavano.

Gli uomini apprezzavano la bellezza delle loro donne.  “Le sue braccia erano bianche come la neve nella notte ed erano morbide e dritte; e le sue gote perfette e adorabili erano rosse come la digitale”. Così recita la saga di Etain, la donna più bella di’Irlanda, risalente al VIII secolo. La descrizione lodava le sue sopracciglia, i denti e gli occhi, le spalle lisce, le mani lunghe, i fianchi sottili e le cosce calde. Concludeva dicendo: “Tutte sono adorabili finché non sono paragonate a Etain. Tutte sono belle finché non sono paragonate a Etain”.

Quindi queste donne così decise non mettevano gli uomini in soggezione, né assumevano atteggiamenti maschili per dimostrare le proprie capacità; uomini e donne accettavano e godevano delle differenze tra i due sessi. Le donne avevano uno status giuridico identico a quello dell’uomo; potevano possedere beni e alla morte del marito ne ereditavano gli averi. Potevano altresì guidare la tribù in qualità di regina o addirittura come capo dei guerrieri. Malgrado non vi siano testimonianze di regine dei Pitti, sappiamo di potenti regine celtiche come Boudicca degli Iceni, Cartimandua dei Briganti and Medb del Connacht. Non c’è motivo di credere che le loro contemporanee pitte fossero molto diverse.  

Sembra che durante i secoli bui in Scozia le donne godessero di un’enorme importanza. La mitologia celtica ci racconta di donne con capacità, potere e prestigio tristemente mancanti in molti altri personaggi. Erano profondamente coinvolte nel culto spirituale della rinascita, e dee come Morrigan, o la Grande Regina, e Danann, la regina delle altre divinità, erano all’apice del pantheon celtico. Purtroppo i Pitti non ci hanno lasciato un patrimonio letterario ma i Gaeli raccontavano storie della grande regina Medb di Connacht, e Cu Cuchlainn, l’eroe irlandese dei secoli bui, fu addestrato sull’isola di Skye da due donne: Scatach e Aife. Leggende gallesi narrano di scuole di addestramento in cui erano le donne a preparare i guerrieri maschi. Anche nell’ambito religioso le donne sembrano avere uguale importanza, e furono delle druide vestite di nero a respingere l’assalto dei Romani ad Anglesey, o isola di Mona.

Un’antica tradizione sostiene che il nome Ebridi derivi da Ey-brides o Isole di Saint Brigit, santa che vegliava sulle isole esterne. In origine Saint Brigit era una divinità gaelica, figlia di Dagda, patrona dei poeti. La leggenda narra che Brigit fosse anche la divinità del fuoco; solo le donne di nobili origini potevano partecipare ai fuochi sacri nei suoi templi ed erano conosciute come le “figlie del fuoco”. Con l’avvento della cristianità, alla dea Brigit si sovrappose Santa Brigida e si crearono nuove leggende nelle isole di Saint Bride. La beccaccia di mare fu scelta come uccello simbolo della santa; il primo febbraio divenne la festa di Santa Brigida, la quale veniva chiamata “Maria dei Gaeli” e si raccontava che avesse aiutato nel parto la Vergine Maria. Un bellissimo racconto popolare narra di come Brigida avesse acceso una corona di candele sulla testa per distrarre gli uomini di Erode mandati a cercare Gesù. Una donna così in gamba e piena di risorse era una santa celtica perfetta, quindi la Chiesa Cattolica stabilì l’ordine delle suore di Santa Brigida per sradicare il ricordo della sacerdotessa pagana Brigit. Queste suore furono probabilmente la prima comunità di donne cristiane nell’Europa occidentale. Col passare del tempo, le donne cristiane si stabilirono in altre zone di quella che sarebbe diventata la Scozia, basti citare la Badessa Ebba di Coldingham, a sud-est del Forth.

A quanto pare la Scozia ha prodotto molte sante eccezionali. Una delle prime proviene dall’attuale Lothian Orientale, che secondo la leggenda era governato da un re pagano chiamato Loth.  Il re era molto contrariato dal fatto che sua figlia, Thenew, avesse abbracciato la nuova religione cristiana, e si arrabbiò ancor di più quando lei si innamorò di un giovane, non solo cristiano, ma di una classe sociale inferiore. Era quasi inevitabile che rimanesse incinta e che il padre se ne accorgesse.  A quei tempi, parliamo del VI secolo, l’ira di un re poteva essere terribile e Loth ordinò ai suoi guerrieri di gettare Thenew dalla collina rocciosa di Traprain Law. Incredibilmente, Thenew sopravvisse alla caduta e una sorgente di acqua fresca sgorgò nel punto in cui atterrò. Non pago, Re Loth la mise in un coracle e la spinse via senza cibo, acqua, né pagaia nel Firth of Forth.

Salda nella sua fede, Thenew sperava in un altro miracolo. La corrente la spinse verso l’isola di May, poi verso Culross nel Fife. Quando Thenew vide un fuoco sulla spiaggia, lo interpretò come un segno di Dio e si avvicinò. Sapeva di essere ormai prossima al parto, infatti diede alla luce il suo bambino al dolce tepore delle fiamme. I monaci che avevano acceso il fuoco la portarono a San Serf, che adottò il bambino e lo chiamò Kentigern, che voleva dire Capo del Signore, o Mungo, cioè Uomo Caro. Quando crebbe, fondò quella che sarebbe diventata la città di Glasgow. Anche sua madre, Thenew, fu santificata ed è ricordata come Saint Enoch.

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