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Il Richiamo Del Falconiere (Destini Incrociati Libro 2) - David Blixt

Il Richiamo Del Falconiere (Destini Incrociati Libro 2) - David Blixt

Traduzione di Anna Maria Durante

Il Richiamo Del Falconiere (Destini Incrociati Libro 2) - David Blixt

Estratto del libro

Come Giotto era ambivalente riguardo alla sua O – cosa potrebbe esserci di più semplice? – così le stelle consideravano il ragazzo. Ben al di sotto dei loro ammiccamenti e dei capricciosi inganni del destino, gli uomini mortali commettevano il grave errore di prenderlo per come si presentava.

Di certo lo fece Corrado. In una stanza laterale della chiesa dei Frati Minori, questi stava misurando, spalle alla porta, una lastra di pietra con l'avambraccio, quando una voce disse: «Era più basso di così».

Corrado sobbalzò e si voltò, il sudore che colava sulla fronte. Ma l'intruso era solo un ragazzino che a malapena arrivava allo sterno di Corrado. Contro la luce del sole calante, alcuni riccioli dorati tra il castano ne catturavano il bagliore.

«Steso, misurava cinque piedi e sei pollici, ma stava chino, quindi sembrava anche più basso. È quello che stai cercando di decidere, non è vero?» Il ragazzo entrò nel mausoleo e Corrado vide con disgusto che si trattava di un cucciolo fin troppo grazioso. Eccezion fatta per gli occhi. Che erano inquietanti, di un verde danzante punteggiato d'oro e con un anello d’azzurro pallido intorno. Pieni d’allegria, pieni di malizia.

Corrado strinse un pugno. «Battitela, monello, o ti batterò io.»

Scrollando le spalle, il diavoletto sorrise, la bocca arricciata come nel ripensamento di un artista. La perfezione angelica era segnata solo da una piccola cicatrice accanto all'occhio destro. «Sto solo cercando di aiutare. Era mio nonno, sai.»

Oh, dannazione. A Corrado era stato detto che c'erano dei parenti che vivevano in città, ma non aveva pensato che venissero a visitare la salma nel bel mezzo della giornata. Fece un passo avanti, col pugno in alto. «Ti ho detto di starne fuori!»

Saltellando all'indietro sui talloni, il ragazzo rise come se Corrado fosse stato un variopinto buffone che danzava per divertirlo. «Come desideri.» Con un ampio inchino il ragazzo svanì di nuovo nella luce del sole, fischiettando mentre si allontanava.

Ascoltando il fischiettio svanire lentamente, Corrado si asciugò il sudore dagli occhi e biascicò una bestemmia blasfema. Meglio farlo e andarsene. I parrocchiani della chiesa erano intenti a pregare o a spettegolare e la maggior parte dei frati era impegnata in noiosi affari sacri. Ma il piccolo bastardo poteva chiacchierare e ritornare coi parenti con domande imbarazzanti.

Ad ogni modo, le informazioni del ragazzo erano state utili. Conoscendo le dimensioni del corpo, Corrado misurò semplicemente la lastra che ricopriva il sarcofago, due terzi lo spessore del suo avambraccio. Fatto ciò, avrebbe potuto fare i calcoli alla locanda.

Passando sotto gli enormi candelabri in ferro battuto della cappella laterale, Corrado si ritirò nella chiesa vera e propria. Per scongiurare i sospetti, fece la genuflessione e finse di pregare. I francescani nei loro stupidi cappucci si facevano gli affari propri, senza prestar attenzione a un pellegrino trasandato in più. Un minuto dopo usciva dalla porta, lasciando cadere una moneta di rame nella scatola delle offerte mentre passava. Era un uomo soddisfatto. La tomba era facilmente raggiungibile, accessibile solo dalla chiesa principale, non attraverso il monastero.

Il che era un colpo di fortuna, visto che era stato assoldato per trafugarla.

Facendo attenzione a non essere seguito, Corrado si diresse alla Locanda del Grifone Rosso. A due miglia dalle mura cittadine, era poco frequentata: giusto pochi ubriaconi al pianterreno e nessuna donna, a parte una vecchia grassa con braccia grandi come tronchi d'albero che portava la birra e buttava fuori i piantagrane.

Quattro uomini armati sedevano con le spalle alla parete perimetrale. Uno fingeva di sonnecchiare, gli altri giocavano a dadi su un tavolo di legno crepato. Non gli fecero segnali, ma ognuno di loro notò il suo ostentato sfregamento del naso. Il lavoro era iniziato.

Ordinando un bricco di vino, Corrado salì le scale laterali fino alla camera più bella della locanda e bussò.

«Avanti!»

La stanza era ben arredata, con pesanti arazzi e un tappeto al posto dei giunchi. Le grandi finestre erano spalancate per far entrare il sole di mezzogiorno, cosicché l’intensa luce illuminava i granelli di polvere che fluttuavano nell'aria calda e grevemente immobile.

Accanto a un'enorme finestra, l'unico occupante della stanza stava disteso tra una sedia e uno sgabello. Completamente vestito con un bel farsetto, una camicia leggera, calze costose e alti stivali di pelle, stava leggendo da un qualche libro e mangiando olive da una ciotola. Il suo unico sollievo al caldo veniva da un ventaglio, molto simile a quelli da donna.

Mentre Corrado chiudeva la porta dietro di sé, l'uomo diede un calcio allo sgabello, spostando i piedi sul davanzale della finestra. «Sudi come un maiale, amico. O c’è qualcos'altro? Dimmi che non sei stato visto.»

Sedendosi, Corrado decise di non parlare del bambino. «No.»

«Bene.» Immergendosi di nuovo nelle olive, il tizio non offrì di condividerle. «Il tuo rapporto?»

«La lastra è lunga sei piedi e mezzo, larga due e mezzo e profonda otto pollici. Sembra essere inserita, il che significa un'estensione all'interno, probabilmente altri due o tre pollici. Ha bisogno di tutti e sei.»

Il dandy sputò un nocciolo fuori dalla finestra aperta e si asciugò delicatamente le labbra. «Cinque, vuoi dire.»

«Tu non vieni?»

La domanda fu evidentemente divertente. «Ti sembro un mercenario?»

Corrado si grattò la testa. «Non sono sicuro di riuscire a farlo in meno. Posso…?»

«Potrei.» La correzione fu casuale, automatica.

«Potrei…?»

«No. Nessun coinvolgimento locale. Si dovrà fare in cinque.»

Corrado guardò il dandy succhiare un'altra oliva, pensando a quanto sarebbe stato assurdamente semplice ucciderlo. Non avrebbe più potuto mostrare la sua faccia in Toscana, ma sarebbe stato libero. Poteva prendere i quattro uomini al piano di sotto e mettere in piedi una banda di briganti – forse verso Verona, dove le Alpi costringevano i viaggiatori su un unico percorso. Oppure la Spagna. C'era sempre bisogno di soldati italiani in posti come l'Aragona o il Portogallo. Tutto ciò che serviva...

Corrado si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro. «Ciò significa che nessuno può fare il palo: dovremo esserci tutti per sollevare quel dannato affare. Non c'è modo di impedire ai frati di suonare le campane se ci scoprono.»

«Taglia la corda della campana prima di iniziare.» Rilassato, il dandy si fece aria col ventaglio e sfogliò una pagina del suo libro.

«Sì, è un inizio.» Fermandosi dietro al dandy, Corrado trasse dal suo alto stivale una misericordia. Con gli occhi fissi sul collo scoperto del dandy, Corrado fece due rapidi passi avanti...

Venne colpito da piccoli oggetti umidi, poi da qualcosa di duro: lo sgabello. Ci fu una torsione del polso, le sue ginocchia cedettero e un attimo dopo era disteso sulla schiena, il coltello non più in mano ma premuto contro la gola. Il dandy teneva il tacco di uno stivale contro il suo braccio e stava schiacciando il ginocchio contro lo sterno di Corrado.

«Corrado, Corrado… Sei già incorso in una condanna a morte. Perché cercarne due?»

Corrado rantolava. «Io... io non l’ho...»

Il ventaglio si spaccò contro la guancia di Corrado. «Certo che l'hai fatto. Sono sorpreso che tu ci abbia messo così tanto. Non sei un fulmine, giusto? Sei stato liberato dalla prigione e dalla forca con me come unico testimone. Se mi togli di mezzo, sei libero. Ora, quant’è difficile?» Il coltello non vacillò mentre il dandy premeva di più contro il suo petto. Istintivamente Corrado si alzò a sedere, facendo sì che il coltello alla gola creasse un rivolo di sangue. «Ma devi ricordarti, caro dolce Corrado, che non sei rapido come un gatto, né hai denti abbastanza aguzzi per un affondo. Sei un semplice topo con l'abilità di nascondersi. Mentre la mia natura tende molto di più verso il felino. E, come un gatto, posso giocare col cibo prima o dopo averlo ucciso. Per ora, mi servono le tue capacità. Ma non abbastanza da tollerare un altro affronto. Intesi?»

Vomito in gola, lacrime agli occhi, Corrado non mosse un muscolo. «Sì.»

«Eccellente.» Il dandy si alzò, lasciando cadere il coltello sul pavimento. Ingoiando aria, Corrado si piegò in due, stringendosi a sé.

Recuperando il libro, il dandy schioccò la lingua per averne piegato le pagine. Girando la sedia in posizione verticale, sistemò i piedi sul davanzale della finestra. «Raduna i tuoi discepoli e preparati a insegnare loro l'unica lezione che conosci, mio ​​codardo... se non amico… posso dire almeno compagno? Perché siamo compagni, a fin, fin et demi. Stanotte lo stesso mestiere che ti ha condannato ti tiene in vita. Prega di non vomitare sul tappeto. Già si è macchiato per causa tua.»

Corrado si toccò il collo sanguinante e si rialzò, pestando coi piedi le olive sparse sulla trama del tappeto. Col fiato sospeso, raccolse il coltello e uscì di soppiatto dalla stanza. Sulla porta si voltò. «Dove sarete, mio ​​signore, finché non avremo finito?»

«O qui o fuori. Nessun timore. Il nostro accordo è solido. Se avrai successo, riceverai le lettere di perdono e sarai libero di morire di nuovo un altro giorno. Ora lasciami a patire questo caldo insopportabile. E, oh, Corrado, potresti mandare dentro la ragazza? Ho finito le olive.»

Quando Corrado se ne andò, il dandy si prese un momento per regolare la finestra aperta – quella finestra che contrassegnava la stanza come la migliore della locanda. Il vetro era molto più utile delle semplici persiane. Era stato un colpo straziante che cinquant'anni prima i siriani avessero venduto i loro segreti a Venezia e non alla sua città. Tutta l'Italia richiedeva a gran voce vasi e carabattole in vetro. Che monopolio stavano costruendo i veneziani!

Non era stato un veneziano il costruttore di questa particolare finestra grezza. La cenere del legno di faggio e la sabbia erano stati mescolati in modo improprio, con molte evidenti imperfezioni dove l'artigiano aveva soffiato troppo o troppo poco. Tuttavia, era stata sufficiente per mandare un riflesso. Quel povero semplice Corrado aveva scelto il posto più esattamente sbagliato in cui stare mentre estraeva il coltello.

La ragazza entrò con una nuova ciotola e il dandy guardò quello stesso riflesso mentre la ragazza si chinava a rimuovere le olive schiacciate dal tappeto. Aveva degli splendidi fianchi e lui immaginò che il suo fondoschiena fosse gustoso come una pesca. Pensò che avrebbe potuto occuparsi di lei più tardi o – meglio – esigere che lei si occupasse di lui. Un bel diversivo mentre Corrado esercitava il proprio mestiere.

La ragazza se ne andò e lui tornò al suo libro, una raccolta di versi piuttosto povera. Proprio mentre si stava perdendo nella seconda strofa, qualcosa in una delle imperfezioni del vetro attirò la sua attenzione. Qualcosa che si muoveva sul tetto più avanti lungo la locanda. Probabilmente un uccello.

Qualche minuto dopo, mentre si alzava e si stiracchiava, guardò fuori dalla finestra e notò che la cameriera su cui aveva fantasticato stava parlando con un bambino. Per diversi minuti osservò, divertito, i due che parlavano in modo diretto. Avrebbe potuto sporgersi dalla finestra per ascoltare, ma non era nulla d’importante. Non aveva simpatia per i bambini.

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